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Storia

I “De Montaldo”
L'enigmatico Podium Rote - il bric a Nord di San Giacomo - propone per Montaldo un probabile remoto culto solare su questo isolato poggio, in una zona interessata da antichi insediamenti, da precoci fondazioni di chiese da tempo scomparse, e da toponimi che riecheggiano nel nome dissolti "Fundi" romani. I documenti ricordano Montaldo a partire dalla conferma di Papa Eugenio III alla Chiesa d'Asti del 1153. Dopo il 1161 i suoi castellani - consignori, chiamati semplicemente "de Montaldo" sono in guerra con Alba; la successiva pace, sanzionata nel 1171 e confermata nel 1181
non risolve le divergenze. L'atteggiamento dei "de Montaldo" non muta e nel 1192, con Asti,
stipulano patti contro Alba, i Marchesi del Monferrato, di Saluzzo e di Busca, e i conti di Biandrate.Le sorti non sono propizie: nel 1195, infatti, i "de Montaldo" vendono ad Alba (forse costretti) quanto possiedono di feudale in Corneliano. La fedeltà ad Asti tuttavia, alternata con le investiture vescovili, continua lungo tutto il "200", fino a quando i documenti ricordano i "de Montaldo".


I “Roero”

Nell'elenco delle terre comprese nella dote del 1387 a Valentina Visconti, Montaldo risulta infeudato ai Roero di Canale che, nei successivi decenni ne acquisiscono la quasi totalità della giurisdizione, giustificando il nome di "Mons Altus Rotariorum" quale risulta in un documento del 1434.Lungo il 400 ai Roero si aggiungono come consignori i Damiano di Priocca e Ludovico "de Valpono", notaio e conte palatino. Tra il 1570 ed il 1572 ricevono investitura dal vescovo, per quote, i Roero di Calosso e Monteu, gli Isnardi di Sanfrè, i Colonna di Baldissero, i Rumone di Asti, i Mulasso, i Fissore
di Bra, gli Scarampi, i Falletti.
Col tempo gli Isnardi giungono a possederne i 5/6 del feudo, che vendono nel 1680 al marchese Giuseppe Carron di Saint Thomas. Dalla metà del 700 restano solo i Carron e gli Scarampi; questi, gli unici a risiedere in loco, si estingueranno alla metà dell'800.

N.B.
L’immagine sopra del paesaggio con castello è di fantasia, ma è stata scelta appositamente per far capire che le nobili famiglie feudali vissero anche a Montaldo in un castello, citato nei documenti, probabilmente poi caduto in rovina nel corso del ‘700.


IL PASSATO RECENTE


Nel 1911 Montaldo Roero conta 1704 “anime” e nei primi decenni del XX°secolo il paese vive una sorta di “miracolo economico” dovuto alla coltivazione del pesco, all’”uva molle” e al baco da seta.
Sul finire del 1800 l’economia viticola del territorio versa in una situazione di profonda prostrazione, a causa delle malattie della vite, la crittogama, o “marìn” e poi la peronospera. Diventava dunque necessario sperimentare nuove strade e aprirsi a nuove coltivazioni. Cominciano così numerosi disboscamenti per dar spazio alla coltivazione del pesco, che non tarda a portare interessanti cespiti di guadagno e a risollevare le sorti delle comunità di numerosi paesi del Roero. Nel 1908 viene istituito a Canale il mercato giornaliero del pesco, in grado di assorbire gran parte della produzione della zona. A Montaldo viene creata una nuova varietà di pesche, “i Magiurìn” (Maggiorini), una pesca a pasta bianca, coltivata fino agli anni ‘60. A Montaldo nascono anche le prime Cooperative di produzione e vendita, con esportazione delle pesche all’estero, in Svizzera in particolare.
Lo spirito imprenditoriale e la volontà di aprirsi a nuovi orizzonti dei montaldesi si esprimono poi nella coltivazione dell’”uva molle”, ossia di quell’uva bianca da tavola che veniva conservata in casa per tutto l’inverno e anche fino a primavera inoltrata. L’uva molle era vendemmiata a settembre e poi delicatamente appoggiata sulle “canìsse” (stuoie di canna schiacciata e intrecciata), che fino a maggio erano occupate dai bachi da seta. Nel 1909 all’esposizione agricolo-industriale di Alba la “Cooperativa produttori uva da tavola di Montaldo Roero” riceve la medaglia d’argento dorato proprio per l’uva molle, considerata anche più redditizia dell’uva da vino e “accudita più delle persone”.
Una terza fonte di reddito, sempre nei primi decenni del Novecento, era data dall’allevamento del baco da seta. Le uova venivano comprate al mercato, venivano posate sulle stuoie, nascevano i bachi, venivano nutriti e allevati esclusivamente con le foglie di gelso; quando erano sufficientemente cresciuti si chiudevano nel bozzolo e a questo punto erano venduti al mercato per la produzione di raffinati tessuti in seta. I “cuchèt” erano i primi soldi dell’annata e avevano il grande vantaggio che ‘non temevano la tempesta.’
Nel corso degli anni ’70 una nuova tecnica di vinificazione per le uve “Arneis” si va affermando sul mercato, sulla spinta di qualche enologo illuminato e di qualche contadino aperto all’innovazione: l’Arneis secco, fermo e non aromatico. A differenza del passato, quando l’Arneis era vinificato dolce a livello familiare, la novità poteva rappresentare un’interessante prospettiva per l’economia del Roero. Ebbene, proprio a Montaldo, in quegli anni, nasce l’antesignana P.M.A. (Produttori Montaldesi Associati), una cooperativa di trasformazione, che si lancia nell’avventura sperimentale di produrre e commercializzare il nuovo vino Arneis, destinato in breve tempo ad affermarsi in aree progressivamente più ampie, fino a comprendere, oggi, il mondo intero.

Per ulteriori e più approfondite informazioni, vedi:

L. Bertello, B. Molino, Montaldo Roero tra storia e storie, Ed. Gribaudo, 1987

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